Un mondo di libri:
divani in viaggio
La banda del tabacco
Capo sesto
Mancava il canto del gallo, pensò l’Andreina, che detestava la rigidità e il grigiore della città e amava i colori e gli odori della natura. Sentire il gallo cantare le avrebbe dato un po’ di conforto, reso la giornata piacevole, ma dato che non si poteva tenere il piede in due scarpe, si sarebbe accontentata della fredda città che però riservava una certa dose di comode praticità e servizi. Così si alzò dal letto e si diresse a preparare la moka, rituale che dava il via alla giornata.
Anche il Leonardo si svegliò e per sua fortuna la spalla sembrava andare meglio, che se no, gli sarebbe toccato sentire le storie della Mariuccia e del dottore e di chi sa quali esami, che meno gliene facevano e meglio stava. D’altronde era sano come un pesce, le uniche volte che gli avevano trovato qualcosa era proprio quando aveva fatto gli esami, perciò tenersi alla larga da ambulatori, nosocomi e quant’altro. L’unica cosa di cui aveva bisogno era di una bella sigaretta e oggi avrebbe potuto esaudire il suo desiderio.
“Te, buongiorno Mariuccia, tel s’è che sto propri benone oggi?!”
“Ciao Leonardo, meglio così. Ca te ghe da andà a cumpra la carne che non ne abbiamo e c’è bisogno delle portantine, ha detto il medico. Mangiare la carne e il pesce che contengono le portantine. Portantine che l’è importanti, sciura Mariuccia, l’ha dì el sciur dutur. Fortuna che ci sono io che tu non capisci mai una cicca, quando andiamo dal dottore.”
“E, le portantine, ca l’è importanti, te capis negot. Va bene, vado a comprare la carne, va”, e pensò tra sé: che se no la me stresa tuc el dì.
Così dopo la colazione leggera, un bel caffè latte e dodici fette biscottate a testa, con un leggero velo di marmellata che se no poi si alza la leucemia a tutti e due, ed era pronto ad uscire. Si avvicinò alla bicicletta ed agguantò il sellino, ecco le sue tanto agognate sigarette, finalmente.
Anche l’Adele si era svegliata e con lei tutti i suoi folli piani. Oggi sarebbe andata a ciciarare un po’ al bar, mentre prendeva il caffè, che già il giorno prima aveva sprecato la piega fresca, che durante la nottata si era un po’ sgonfiata. Ma stava su ancora bene, merito della lacca, poteva ancora farne sfoggio e tutti l’avrebbero guardata ed apprezzata come al solito. Perché la vanità è peccato ma lei non faceva niente di male, se era bella, mica era colpa sua.
Avrebbe trovato le solite tre marie, le tre carampane che se pur sue coscritte dimostravano il doppio dell’età, perché non si sapevano tenere bene, e anche se si fossero curate, non sarebbero state un granché, diciamocelo. Che lei se le ricordava la Graziella, la Donatella e la Rossella, quando erano giovani, memoria fotografica, e non erano né carne né pesce.
La Graziella era la figlia unica dei d’Ambrosio, proprietari di una fonderia, una sempre casa e chiesa, frequentava l’oratorio, a tal punto che tanti avevano insinuato avesse una cotta per l’allora prevosto. Le voci erano state messe a tacere, quando il vescovo aveva spostato il prete in un’altra diocesi e la Graziella era stata messa a lavorare negli uffici della fonderia. Era rimasta zitella e andava in chiesa solo per la messa della domenica.
La Donatella invece era figlia del Pino fiorista, stava sempre nel retrobottega a giocare con piante e fiori, tanto che quando veniva a scuola la spusava di cimiteri. Aveva sposato il Dino e dopo che suo padre era morto, gestiva il negozio insieme a lui. Ogni volta che la incontravi quel profumo di fiori ti entrava talmente nel naso che ti veniva voglia di accendere un cero per l’intercessione di qualche defunto.
Poi c’era l’ultima delle tre marie: la Rossella, che poverina era nata podalica e dopo un parto sofferto. Motivo per cui zoppicava dalla gamba destra, lavorava nella cartoleria Lanfranchi dei suoi genitori e stava alla cassa, per non caricare troppo la gamba.
Insomma erano state tre ragazze come tante, destinate a finire nel dimenticatoio, perché per distinguersi ci vuole eleganza.
La bellezza bisogna saperla portare, è come un bel vestito, nelle mani sbagliate è una cosa sprecata, da buttare. Fortuna che lei la sapeva portare benissimo, anzi l’aveva anche migliorata, contro tutte le leggi della natura gli anni le regalavano qualcosa invece che toglierglielo. E così varcando la soglia del bar, si sentì come la Sissi in un’ordinaria pasticceria di Vienna, a spargere la sua eleganza in un ambiente dozzinale. Avrebbe ordinato il solito mocaccino con una spolverata di cacao, che se ordini cappuccio e brioche, ti confondi troppo e invece bisogna sempre lasciare il segno, sapersi distinguere.
“Ciao Elena”, si rivolse alla barista, “hai visto come sono bella fresca di piega? Sai vado tutte le settimane, è caro ma me lo posso permettere”, e mentre parlava volgeva lo sguardo ai tavolini dietro di sé per cercare ammirati consensi.
“Buongiorno signora Adele, ho visto come le sta bene. Cosa prende oggi, mocaccino e brioche?”
“Sì, grazie, il mocaccino con una spolverata di cacao.”
“Va bene, ecco a lei.”
“Hai sentito? Ho incontrato prima la Teresa e mi ha detto che la Linuccia sta per avere un’altra nipotina. Speriamo non assomigli troppo alla prima perché dicono che non sia un granché, sai dicono, io non oserei mai. A me i bambini piacciono ma danno troppo da fare, ho già mio figlio. Meglio un cane va, almeno mangia, piscia e non si lamenta, poi i bambini piccoli richiedono tempo e pazienza e alla mia età. Eh, sì, perché sembro giovane ma ne ho già s…anta, e lo so che non ci credi ma è la verità.”
La Elena pensò che faceva tutto da sola, lei non aveva spiccicato parola e l’Adele si era fatta la domanda e si era data la risposta. Ma annuì, d’altronde era una cliente e non lasciava mai indietro niente da pagare.
La mattina era stata proficua, aveva avuto molte niuss. Era ora di tornare a casa a riposare un po’ la mente prima di dedicarsi alla sua pericolosa missione. Ma aveva fatto i conti senza l’oste.
L’Andreina aveva iniziato a nutrire qualche sospetto e aveva deciso di stare di vedetta, occhi e orecchi attenti. Infatti quel giorno aveva lasciato le tende tirate sul cortile, così da avere la vista libera. Si sarebbe solo distratta per le brevi faccende di casa, tanto per pranzo aveva l’arrosto bello che pronto da ieri, doveva solo dargli una scaldatina, due erbette cotte, ed era a posto. Si sarebbe seduta a tavola davanti alla finestra, così da non perdersi niente.
Il pranzo si svolse senza nessun intoppo, non aveva notato nulla di strano. Si alzò a preparare il caffè e tornò a sedersi al tavolo, ad aspettare che fosse pronto. Quindi lo versò nella tazzina e ci aggiunse un cucchiaino di zucchero, stava ancora mescolando quando la vide. Non c’era dubbio, una donna avanzava tenendosi vicina al muro, un capotto grigio e la solita borsa nera lucida, se la Mariuccia aveva ragione, si trattava dell’Adele. Non fece in tempo ad alzarsi dalla sedia che il campanello di casa suonò. Era la Mariuccia.
Quando l’Andreina andò ad aprire se la trovò davanti tutto scarmigliata, con lo scialle storto.
“Oh, Mariuccia, sa l’è suces?”
La Mariuccia si colpì al petto ripetutamente, che se l’Andreina non l’avesse conosciuta a fondo, avrebbe creduto si trattasse di un infarto, ma sapeva in realtà che era un gesto di concitazione della Mariuccia. Quello che non sapeva era come facesse ancora ad avere tutti gli organi della gabbia toracica a posto, con tutti quei colpi, ma era così. Mistero della fede.
“Che la strega pettegola dell’Adele la me venuda ados, ci credi? Per poco la me butava minga in tera? L’ha ga da sta atenti che se la trovo in giro…”
“Calmati Mariuccia, siediti qua sul divano”, si capiva che era proprio un fatto speciale perché di solito, nelle sue visite, la Mariuccia prendeva posto sulla sedia della cucina, “che vado fuori a vedere se è ancora lì.”
L’Andreina scese dalle scale e raggiunse la porta del condominio, la aprì velocemente ma dell’Adele nessuna traccia, sparita. A terra però trovò qualcosa. Un pacchetto di sigarette, lo raccolse e lo mise in tasca. Tornò in casa senza dire niente alla Mariuccia sul ritrovamento. Aveva bisogno di schiarirsi le idee. Cosa ci faceva l’Adele vicino alla bici del Leonardo e perché c’erano quelle sigarette per terra? Che l’Adele rifornisse il Leonardo delle sigarette, così che questi non si sarebbe dovuto recare a comprarle? Poteva essere un’ipotesi, certo non ne poteva parlare con la Mariuccia. Segreto di stato. Doveva prendersi il tempo per ragionarci su.
Intanto l’Adele era arrivata a casa di corsa sconvolta, mettendo a repentaglio la piega. Possibile che la Mariuccia e l’Andreina la tenessero d’occhio? E che stupida era stata. Si era accorta che l’Andreina l’aveva vista avvicinarsi alla bicicletta del Leonardo e per fare più in fretta non era riuscita a rimettere il pacchetto a posto. Non c’era peggior bestia della fretta, cattiva consigliera. Era scappata come una ladra. Era riuscita a contare le sigarette almeno, quello sì, erano proprio del Leonardo, non c’era dubbio. Ma il pacchetto le doveva essere caduto a terra nello scontro con la Mariuccia. Adesso aveva perso le prove e per di più aveva quelle due zabette alle calcagna. Forse era meglio lasciar calmare le acque, starsene a casa per un po’. No forse no, era meglio comportarsi come sempre per non dare nell’occhio, certo non avrebbe voluto incontrare una delle due e doversi trovare di fronte ad una spiegazione. Doveva inventarsi qualcosa, una giustificazione.
L’Andreina dopo essersi sorbita gli impromperi e spropositi della Mariuccia, riuscì con il pretesto di un impegno a farla ritornare a casa.
“Dai, Mariuccia, sai che quella pettegola lì l’è un’oca, va in giro a testa alta senza guardare per darsi arie. Non ti avrà vista e ti è venuta addosso.”
“Neanche scusa ha chiesto. Vedi appena incontro il curato se non glielo dico. Confesso tutti i peccati Andreina, i miei e quelli degli altri, non esimio nemmeno quella scema dell’Adele.” Cosa che non si doveva dubitare avrebbe fatto, una volta aveva persino rimesso i peccati ad una conoscente, che se ti penti l’Signur perdona tus cos, non importa se con il curato o senza. D’altronde quando non c’era, uno doveva fare da sé.
L’Andreina non trattene un sorriso. “Fai bene Mariuccia, sfogati. Ma nessuna vendetta, non ne vale la pena.”
E dopo averla congedata non poté fare a meno di continuare a pensare a quanto successo e al da farsi. Pensa che ti ripensa: avrebbe giocato d’anticipo, mettere l’Adele di fronte ai fatti, farle capire che lei sapeva che cosa era andata a cercare nel cortile, ma senza dirlo apertamente. Doveva mandare un messaggio chiaro ma con discrezione. D’altronde non poteva spingersi oltre perché non sapeva la verità fino in fondo, non sapeva quale fosse il legame tra l’Adele e il Leonardo. Una mossa di una sola pedina che avrebbe messo sotto scacco la regina: in una sola mossa l’Adele sarebbe stata con le spalle al muro. Andreina, te se vegia, ma te ragiunet anca mo. Il suo intuito non l’aveva tradita e ora si sarebbe affidata ad esso un’altra volta.
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