Un mondo di libri:

divani in viaggio

La banda del tabacco

Capo quinto

Nel dopopranzo stava prendendo il via il consueto appuntamento tra la Mariuccia e l’Andreina. E oggi anche quest’ultima aveva qualcosa da raccontare.

“Ciao Mariuccia, come sta il Leonardo?”, cominciò l’Andreina.

“Da che l’è borla giò gli fa male una spalla ma non vuole andare dal dottore. Oggi sta a casa tutto il giorno. Ci ho detto di andare, che almeno lo controllavano, gli facevano gli esami, gli toglievano qualche proietta di sangue, ma niente. Testardo come un muro.”

“Dai, che magari domani sta meglio, gli è già andata bene di non essersi fatto altro.”

“Fami no pensà a quella scema della Rosetta, che mi sale il nervoso, va.”

“Senti, oggi serì dre andà a stendere il bucato qua sotto come al solito. Mi affaccio dalla finestra a controllare che lo stendino sia libero e cosa vedo…qualcuno che si avvicina in maniera strana alla bicicletta del Leonardo. Poi ho gridato il chi va là ed è scappata. Era una donna perché aveva la borsetta.”

“Descrizione Andreina, ma l’era vestita?”

“Aveva un cappotto grigio e una borsa nera lucida.”

“Di coccodrillo?”, sparò la Mariuccia.

“Non so Mariuccia, con la cataratta non vedo bene ma la borsa era lucida.”

“L’è la Adele, tel disi mi. Quell’impicciona lì che la sa vanta d’esser la pu se bela. Se che la lì le bela, il me cu l’è un giardin!”

L’Andreina non trattene una risata. “Ma cosa ci faceva lì alla bicicletta del Leonardo, non è mica il tipo da rubare.”

“Eh, Andreina, la gente l’è bruta, avrà fatto una perlustrazione per vedere le condizioni della bicicletta e andare a raccontarlo in giro. Pettegola, la ma va giò no quella lì. Fortuna che la va in giesa e poi va in giro a dire pesta e corna.”

“Sì, che l’è na pettegola, l’è vera”, replicò L’Andreina, che era sì un tipo dal carattere schiscio, ma di fronte all’evidenza doveva prendere posizione. Ma arrivare a tanto, mah. C’era qualcosa che non le tornava, avrebbe prestato attenzione per scoprire se il suo intuito si sbagliava.

“Te, Andreina, quell’altra che non sopporto, la Rosetta, la maestra dei miei stivali. L’hai per caso vista ieri quando sei andata a prendere tua nipote alla scuola materna?”

“Sì, l’ho vista, non aveva niente, nemmeno un graffio.”

“Ci rimette sempre la povera gente. Pensare tutti i sacrifizi che abbiamo fatto e quella lì va in giro a fare quello che vuole e ti rompe la bicicletta”, e corrugò la fronte e strinse gli occhi come colpita da un abbaglio di luce e rimase così, con un’ espressione degna di una maschera teatrale.

Ci pensò l’Andreina a toglierla dai suoi pensieri: “Mariuccia metto su il caffè?”

“Eh, dai lo prendo volentieri, va”, rispose un po’ sollevata la Mariuccia.

Già, la Rosetta quella mattina fresca come una rosa per l’appunto, si alzò di buona lena e sfidando come sempre qualsiasi regola del codice stradale, si avviò verso la scuola materna pronta a prendere servizio. Oggi avrebbe dovuto sistemare il salone, non era più roba che poteva rimandare a lungo. Così prima che i bambini facessero il loro ingresso a scuola, con piglio da sergente, convocò le colleghe che non osarono opporsi ai suoi ordini ed in men che non si dica il salone era lustro e la cantina piena dei consueti mobili che ospitava.

Adesso mi ci vorrebbe un bel caffè, ma i bambini stanno per arrivare, pensò la Rosetta, roba da rimandare al dopo pranzo. E mentre ragionava vide sfilare davanti a sé una processione di grembiulini verdi tutti uguali, i suoi piccoli alunni facevano il loro ingresso. Ad attenderli le maestre disposte ognuna davanti alla classe.

 Alla portineria di vedetta la suora più anziana, come consuetudine di tutte le scuole, poiché la vigilanza è un compito poco faticoso e di gran importanza per la sicurezza. Suor Teresa, novanta e passa anni suonati, nessuno lo sapeva con esattezza, dopo aver spento la novantesima candelina, non li avevano più contati. Si sa che le suore, oltre che donne di spirito sono anche pragmatiche. Un principio di sordità le aveva dato la consuetudine di leggere il labiale, se non fosse che la cataratta le faceva interpretare anche quello con fantasia. E così i discorsi tenuti con lei erano pura poesia.

“Ciao, suor Teresa, ti saluta mia nonna”, le disse una bambina varcando il grande cancello di ingresso.

“Ciao, sì, ho visto che bella gonna che hai”, ribatté suor Teresa.

E la bambina che non si aspettava un simile complimento, si sentì rallegrata. Ecco la poesia di suor Teresa.

Suor Maria intanto osservava dall’ufficio di fronte alla portineria: “Teresa, sono entrati tutti? Chiudiamo il cancello che sono già le nove.”

E suor Teresa si apprestò docilmente a svolgere il suo consueto compito.

La giornata trascorse come le altre, verso le sedici l’Andreina andò a prendere la nipotina alla scuola materna, e mentre camminava non poté fare a meno di pensare alla sospetta condotta dell’Adele. Passando sotto la sua finestra alzò lo sguardo e ne scorse l’ombra dietro la tenda, sempre in agguato a carpire quello che avveniva nel quartiere. Subito distolse lo sguardo ma l’Adele fece in tempo a scorgere quell’occhiata furtiva, l’Andreina aveva capito qualcosa, sicuramente l’avrebbe tenuta d’occhio e questo era un altro ostacolo. Ma possibile che tutto il mondo si muoveva contro di lei, brava e bella, e che cercava solo di perpetrare il bene altrui? Ma lei era come l’Eracle, non una fatica ma ben dodici la aspettavano, ed era pronta. Andreina o non Andreina, domani avrebbe controllato le sigarette del Leonardo. E poi? Adesso che anche il Fausto era coinvolto come era meglio agire? Chi tradisce è un morto che cammina. No, il Fausto non poteva spifferare niente, era meglio far finta di niente e far cogliere il Leonardo in flagranza di reato, le sarebbe bastato quello, in fin dei conti un colpevole sarebbe stato punito, non importava sgominare l’intera banda. La giustizia non è mica cosa degli uomini, ma solo divina. E poi valutare se quel bamba del Fausto era in pericolo e a sua insaputa fargli cambiare giro, magari aria per qualche mese andando in vacanza nella riviera di Ponente, nella loro seconda casa. Gli altri non lo avrebbero più trovato e via baracca e burattini il Fausto sarebbe tornato bello ripulito, come nuovo. Chiuso il cinema, finito Milano. Si complimentò con se stessa e andò a preparare la cena.

Calava il sole sulla città, e l’oscurità rivestiva ogni cosa come una coperta di velluto, le luci scomparivano quasi simultaneamente. I pensieri si facevano più radi e persino i sospetti sfumavano, dominati dal sopraggiungere del sonno.

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