Un mondo di libri:
divani in viaggio
La banda del tabacco
Capo terzo
Per la Rosetta era stata una giornata lunga, era arrivata tardi al lavoro, appena in tempo per salvare suor Maria da una branco di bambini che giocavano senza alcuna disciplina sulle scale della scuola materna. Che poi, non è più come ai vecchi tempi, basta un ginocchio sbucciato e ti trovi gli avvocati alle calcagna. Ma le mancavano pochi anni alla pensione, bastava evitare gli ultimi inutili corsi di aggiornamento e tutto sommato non era male la professione che si era scelta.
Aveva ricevuto il compassionevole soccorso di suor Maria quel giorno, che non solo si era addolorata dell’incidente di cui la povera maestra Rosetta, a sua detta era stata vittima, ma si era anche profusa in elogi sul suo operato, sulla sua persona e persino sulla sua discendenza, che peccato che la Rosetta non avesse; era zitella.
“Oh, Rosetta, come mi rincresce, è sempre così: capitano sempre le cose alle persone buone. Ma non preoccuparti che il Signore vede e provvede. Te ne renderà merito.”
“Suor Maria, non si preoccupi, sto benone. Adesso prendo i bambini e iniziamo le pulizie della classe.”
“Rosetta, non affaticarti, che sei già provata dagli eventi.”
“Ma non si preoccupi suora, faccio fare ai bambini.”
“Grazie, Rosetta. Buona giornata.”
E così una fila di bambini scalmanati, sotto l’egida di Rosetta era pronta a mettere a lucido la classe, come un’impresa di pulizie. Parola d’ordine della Rosetta: rigore, solo così si cresce forti e sani, non come quei mammalucchi delle altre scuole che trovano sempre la pappa pronta.
Dopo le pulizie un po’ di lavoretti con il punteruolo, per migliorare le capacità motorie fini e poi tutti in mensa a mangiare. Il post pranzo era caratterizzato dal sonnellino dei bambini, momento in cui la Rosetta poteva godersi un po’ di riposo. Tanto c’erano le suore a vigilare nelle stanzette dove dormivano i bambini, e per abituarsi all’oscurità chiudevano gli occhi anche loro abbandonandosi nelle braccia di Morfeo.
Quel giorno però la Rosetta non aveva fatto altro che pensare all’incidente, non gliene fregava un fico secco delle parole del poliziotto riguardo il codice stradale, ma le sarebbe toccato sborsare un bel po’ di soldi per far sistemare la bici del Leonardo. Pace, cose che succedono. Senza contare che questo mese c’era anche stata quella grande scocciatura dell’esposizione di francobolli presso la scuola materna e il salone non era ancora stato sistemato.
Suor Maria infatti aveva organizzato con l’aiuto delle maestre dell’Istituto, una esposizione di francobolli di ogni sorta, che sarebbero stati venduti e il cui ricavato sarebbe stato destinato alle missioni congolesi, con cui alcune suore tenevano i contatti. Era stato davvero un gran lavoro, tavoli e teche spostati dalla cantina al salone. Tutti i francobolli erano stati offerti da donatori di buona volontà che volevano contribuire ad una giusta causa. Le maestre avevano raccolti i dati di tutti in meticolosi registri. Le suore avevano offerto un rinfresco all’ingresso della scuola e tutte le famiglie erano accorse numerose per partecipare all’evento. Persino il giornale locale aveva dedicato una mezza pagina, esaltandone la buona riuscita.
“Va, quanta gente”, aveva esclamato suor Maria, “e tutta brava gente. Speriamo di riuscire a raccogliere un po’ di soldi per le missioni.”
“Non si preoccupi suor Maria, che ci penso io, nessuno uscirà dalla porta a mani vuote”, aveva replicato Rosetta con la sua solita autorevolezza.
E così fu, non si sa se per gli sguardi minacciosi della Rosetta o per la provvidenza divina: l’esposizione era stata un successo. Tutti i francobolli erano stati venduti. Duemila euro di ricavato per le missioni e il rinfresco spazzolato in men che non si dica. Un successo su tutti i fronti.
Ed ora a distanza di settimane, bisognava pur dare una sistematina al salone, riporre di nuovo tavoli e teche in cantina. Lavori pesanti che toccavano sempre alla Rosetta. Ma oggi aveva bisogno della pausa per riposarsi un po’, ci avrebbe pensato domani, e avrebbe chiesto aiuto alle altre colleghe maestre. Così si concesse una tregua, chiuse gli occhi e piano piano gli armadietti colorati dei bambini sparirono dalla sua vista, un pisolino era quello che faceva al caso suo.
La campanella la destò, segnava la fine della siesta pomeridiana, la ripresa delle attività e poi finalmente tutti a casa.
Erano le 15.50, quando l’Andreina, paltò alla mano si apprestò ad aprire la porta, doveva andare a prendere la nipotina, che frequentava la scuola materna proprio nella classe della Rosetta. Passi lunghi e ben distesi per raggiungere la meta. Poi l’avrebbe portata a casa a fare la merenda e l’avrebbe accudita fino a sera. Ordinaria e tranquilla normalità.
Così un’altra nebbiosa giornata volgeva al termine, ognuno riposava nella sua casa dopo il lavoro. Soltanto l’Adele continuava ad arrovellarsi su quel benedetto pacchetto di sigarette, non vedeva l’ora di scoprire quante sigarette ci sarebbero state l’indomani nel pacchetto, per capire se apparteneva al Leonardo. Doveva assolutamente stanare chi si nascondeva dietro a quell’illegalità, al contrabbando di tabacco. Roba grossa, che spaventava anche lei, chissà quale organizzazione criminale ne teneva le redini, chissà se forse l’avevano vista raccogliere quel pacchetto e adesso la stavano cercando. O signur, non ci aveva pensato, lei ricercata da pericolosi criminali. C’era da stare attenti, guardarsi le spalle e non fidarsi di nessuno. Lei lo sapeva come andavano queste cose, i telegiornali li guardava sempre. Un giorno esci di casa e il giorno dopo non ti trovano più, rapiti, spariti, extracomunitari che lavorano per la mafia e mafiosi che lavorano per gli extracomunitari, roba che nemmeno lei riusciva a starci dietro. Di sicuro l’avrebbero cercata tutti, lei, che era ben in vista, lei tanto invidiata dalle donne della sua città. E così rincuorandosi da sé, si fece coraggio e si abbandonò al sonno. Il Fausto dormiva già da un pezzo dall’altra parte del letto. Forza Adele, domani è un altro giorno.
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