Un mondo di libri:

divani in viaggio

La banda del tabacco

Prefazione

In una città del milanese, persone del tutto normali sono alle prese con un mistero legato ad atti criminali.

La lingua utilizzata è un italiano popolare spesso ricco di errori e frammisto al dialetto locale, espressione più sincera della realtà del luogo.

Il pensiero dei personaggi è uno spaccato della vita quotidiana, riprodotto con ironia e nel tentativo di sbeffeggiare le stesse idee assurde che taluni personaggi propongono come bandiera del loro pensiero. In particolare mi riferisco ad idee politiche e riguardanti la meritocrazia, la critica al sud Italia o ad altri paesi, la critica al settore pubblico e al valore della giustizia.

Le vicende narrate sono puro frutto di fantasia.


                                                                                                                                                                                   

                                                                                                                                                                                                                                                   Ad Andreina


Capo primo

La Mariuccia spalancò le persiane quella mattina, urca che nebbia, non si vedeva niente, per un attimo credette che avessero fatto su un casermone dirimpetto a casa sua, che roba brutta l’era. Meno male che era in pensione da tempo e ciapava anca quella delle uregie. Mariuccia Rossi infatti, classe 1940, aveva alle spalle anni e anni di onorata carriera presso la tessitura Legnani, tuc i dì a sentire il rumore dei telai e alla fine le orecchie iniziano a giocare brutti scherzi, pora dona. Tutti i giorni innanz e indrè da Legnano con la bicicletta per andare al lavoro e allora sì che quando c’era la nebbia l’era propri un problema. C’era da segnarsi tre volte, dieci avemarie e tre pater noster, amen.

Sì amen, dall’altra parte della stessa casa il Leonardo, marito della Mariuccia, in pensione anche lui e ciclista amatoriale, già malediceva l’idea di uscire in bicicletta, al faseva freg orca e la nebbia ti entra nel naso e nelle ossa e non ti lascia più.

Ma di necessità virtù, le sigarette erano finite, e lui ex fumatore pentito ormai da dieci anni, ne sentiva assolutamente il bisogno. L’ anniversario dell’ultima sigaretta era stato celebrato con una bottiglia di spumante comprata per l’occasione dalla Mariuccia che per poco non aveva organizzato una festicciola tra condomini, se non fosse per il fatto che il Leonardo si era finto costipato.

Così la Mariuccia si era recata in tutte le abitazioni del comprensorio per esaltare le gloriose gesta del consorte.

“Te ciao Andreina, come la va?”

“Tutto bene Mariuccia e ti?”

“Tel sè sa l’è suces? Oggi sono dieci anni che l’me Leonardo non tocca una sigaretta.”

“Mi congratulo, Mariuccia.”

“L’è minga facile, nè ?”

L’ Andreina che in quel momento teneva tra le mani il cartoccio del latte da versare nel caffè, lo lasciò cadere rovinosamente a terra. Meglio lasciarsi scappare il latte che una risata, pensò. Come tutti i condomini, parenti e conoscenti del Leonardo, l’Andreina sapeva che il Leonardo era rimasto un fumatore incallito e sapeva anche che le sigarette venivano riposte con cura millesimale sotto il sellino della bicicletta. Da cui appunto la passione del Leonardo per il ciclismo.

L’ Andreina era la vicina della Mariuccia, quasi coscritta, cambiava l’anno per roba di qualche mese. Ma per la Mariuccia quell’anno di vantaggio verso il mondo era un gran vanto. L’Andreina abitava sola, l’era vedova e ogni giorno riceveva la visita della Mariuccia, puntuale come un orologio svizzero. Estate e inverno un grembiule da casa, pratico e che fa la sua porca figura e uno scialletto sulle spalle e l’era a post, ai piedi ciabatte comode per affrontare i piani di scale.

E in un condominio si sa che le scale sono il fulcro della vita.

“Ciao Maruccia, come stai?”

“Inscì e inscì, tirem innanz. Te come la va, Andreina?”

“La va, dai, non ci lamentiamo.”

“Dona, vusa pu se forta che le orecchie mi fanno brutti scherzi.”

Quella mattina le scale erano sgombre, giusto il tempo di dire alla Mariuccia che usciva a comprare pane e latte e il Leonardo si era fiondato giù per la rampa. Aveva agguantato la sua bicicletta, o meglio il sellino e aveva aspirato a pieni polmoni la prima sigaretta della giornata. Data la nebbia avrebbe potuto prendersela con comodo, finire la sigaretta e poi andare a fare le sue commissioni. Con la sigaretta in bocca non fece in tempo ad inforcare la bicicletta e ad immettersi sulla strada che si trovò per terra, a fianco a lui un’altra bicicletta rovesciata a terra, con la ruota che girava a vuoto. Tra la nebbia vide emergere una figura quasi mitologica.

“Ѐ il modo di andare in giro senza guardare?”, emise fiato quella specie di energumeno.

“Scusi, ma chi è lei? Cosa è successo?” Provò ad articolare il Leonardo.

“Io stavo andando per la mia strada e lei mi è venuto addosso.”

“Porca galera, ma qui è senso unico, non lo sa signor…” Il Leonardo non sapeva come apostrofare l’individuo se al genere maschile o femminile.

“Signora comunque, maleducato. Io ho fretta stavo andando al lavoro e ora mi tocca avvisare le suore che faccio tardi.”

“Ma cosa c’entrano le suore? Caso mai chiamiamo la polizia adesso. Mi ha stortato tutto il manubrio della bicicletta.” Il Leonardo avrebbe lasciato volentieri alla polizia l’ingrato compito di spiegare alla Mariuccia che non era lui il colpevole dei danni alla bicicletta. Fortuna che suo figlio gli aveva regalato il cellulare, così adesso avrebbe potuto chiamare la polizia senza tornare a casa e subire un primo interrogatorio. All’inizio non aveva voluto quell’apparecchio lì, che poi ti devi sempre portare in giro e ti disturbano tutti. Ma poi il figlio, l’aveva convinto: lui e la Mariuccia avevano una certa età ormai insomma, gli acciacchi c’erano e se erano in giro da soli, dato che lui abitava a più di cinquanta chilometri, bisognava pure che l’avessero, giusto per emergenza.

 Ed ora che per l’appunto si trattava quasi di un’emergenza, non fece in tempo a digitare il numero che una volante che passava di lì per caso, inchiodò di colpo. Dall’auto scese un poliziotto ancora con le briciole di brioche sopra alla barba.

“Allora cosa sta succedendo qui? Non sapete che è pericoloso fermarsi in mezzo alla strada in questo modo a parlare?”

“Mi scusi commissario”, cercò di ribattere il Leonardo, “nessuno si è fermato a parlare, la gentile signor…a qui presente mi ha investito in bicicletta arrivando in contromano dalla via.”

“Non sono commissario, vediamo di non fare gli spiritosi. E signora chiarisca anche lei che cosa è successo qui.”

“Guardi, come prima cosa mi faccia chiamare le suore che faccio tardi.”

“No, questo è troppo alle otto di mattina”, esplose l’agente, “adesso lasciamo perdere le suore e mi dite come si sono svolti i fatti.”

“Allora”, rispose la signora, “qui mi conoscono tutti e sono sempre in giro in bicicletta, figuriamoci se l’ho investito. Vedi una bici arrivare e ti fermi, è il codice.”

“Signora, mi dispiace ma non c’è nessun codice se non quello stradale che lei non ha rispettato.” Finalmente il poliziotto riuscì a ribattere, avendo fatto un minimo di chiarezza sugli eventi. Adesso non c’era altro da fare che rimuovere le biciclette dalla strada, constatare i danni e raccogliere i dati. “Dunque favorite le vostre generalità.”

“Mi me coniusan tuc”, provò a borbottare la signora, “ma comunque se proprio ci tiene le do la carta di identità.”

Con la carta di identità tra le mani, il poliziotto confrontò la fotografia con il volto dell’originale che si trovava davanti: Rosa Pigni, nata a Legnano il 18 maggio 1952, residente a Legnano in via…, professione: maestra di scuola materna. L’agente tentò di superare lo shock per la scoperta della professione della signora in questione. Non avrebbe mai creduto che sotto quell’aspetto burbero, mascolino e autoritario si celasse una maestra.

“Adesso se abbiamo finito, dovrei tornare al lavoro”, tentò la Rosetta. Ormai era tardi e la suora a quest’ora si stava di certo chiedendo dove fosse finita. Una classe intera della scuola materna scoperta e lei a dover tenere a bada i bambini.

“Per il momento può andare, signora, abbiamo raccolto tutti i dati.”

“Tutti i dati, tutti i dati e la me toca anda a pè. Propi un bel guadagno”, pensò il Leonardo mentre già immaginava una settimana di condanna a pane e acqua predisposta dalla Mariuccia per i danni alla bicicletta. Che i soldi non crescono mica sugli alberi e lei ne ha fatto di lavorare e lo sapeva bene.

“Arrivederci signor Rossi e signora Pigni e mi raccomando il codice della strada.”

“Arrivederla sciur cumandanti”, gridò la Rosetta, inforcando la bicicletta e sentendosi pronta a pedalare come per la volata finale del giro d’Italia.

“Arrivederci”, mugugnò triste il Leonardo, rassegnato all’evidenza di andare a pè. Altro che con calma, adesso aveva i minuti contati per le commissioni mattutine.

A meno di duecento metri, dietro alla tenda scostata, l’Adele, provvista di binocolo, captava dalla sua abitazione ogni singolo gesto della strana vicenda. Lei, che avrebbe benissimo potuto avere un ruolo come spia nei più famosi servizi segreti, metteva a disposizione della comunità mezzi e capacità. Non che la comunità glielo avesse richiesto, ma si sa che far del bene al prossimo è un comandamento.

L’Adele vigile come sempre, non si lasciò sfuggire qualcosa a terra, dimenticato dopo l’incidente.

Svelta gridò al Fausto: “Vado a buttare la pattumiera, che oggi è giorno di umido”, e si precipitò nella via ad osservare quell’oggetto misterioso dimenticato a terra. Un pacchetto di sigarette, un banale pacchetto di sigarette, se non fosse che il sigillo del monopolio sembrava applicato leggermente storto. Un dettaglio che non sfuggì all’Adele, che era abituata a vedere in casa ogni giorno i pacchetti di sigarette del suo Fausto. Roba di contrabbando, di sicuro. La Rosetta non fumava ed era cosa certa, rimaneva il dubbio tra l’agente e il Leonardo.

L’Adele aveva già un piano in testa, il dovere prima di tutto, avrebbe scovato il possessore e lo avrebbe denunciato. E dopo la denuncia, la gloria: lei incoronata dalla stampa locale, omaggiata dal sindaco, dal prevosto, dal telegiornale, come somma paladina della legalità. Ma prima il parrucchiere, che se ti mettono sul giornale e non hai la piega fresca, fai brutta figura e le zabette sono sempre lì ad aspettare di criticare. E poi anche lei aveva visto certa gente andare in televisione mal vestita, senza trucco e piega, ma la decenza non c’era più, il decoro, tenersi almeno un attimo, dai. Lei non sarebbe caduta nello stesso errore, la piega prima di tutto.

Contattami via email: unmondodilibri19@gmail.com

Copyright © 2021 unmondodilibri.com.  All Rights Reserved.