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divani in viaggio
Sono mancato all'affetto dei miei cari
Piccolo paese della Lombardia, anni '70.
Ci troviamo di fronte al proprietario di una ferramenta, mai un giorno di vacanza per vedere prosperare la sua attività.
"Uno non si immagina la quantità di articoli che ci sono in una ferramenta degna di questo nome come era la mia. Magari pensa che entra il cliente e dice voglio cento chiodi così e cosà e glieli dai. Se ce li hai però! Intendo che bisogna avere una specie di registro di quello che esce per rifornirsi e non restare senza, perché un cliente che non trova quello di cui ha bisogno, è un cliente perso."
Il problema non è tanto il lavoro che va a gonfie vele, quanto cercare di comprendere i membri della sua famiglia, dal momento che sia i tre figli che la moglie, non solo si disinteressano dell'attività ma portano ognuno un carico di guai.
Troviamo i caratteri del provincialismo che Vitali sa sempre ritrarre con maestria e ironia.
Ci sono gli orari di lavoro a scandire le giornate, perché il dinamismo del lavoro è il fulcro della vita: "E la ferramenta? Chiuderla? Con sulla porta un cartello «Chiuso per malattia»? Tanto per far parlare la gente? Nemmeno per idea. La ferramenta d’estate è più preziosa del fornaio perché la gente che sta a casa in ferie ne approfitta per fare lavoretti domestici, imbiancare, riparare, eccetera”; c'è una mentalità retrograda legata alla concezione della donna "una donna in una ferramenta non faceva una bella figura", all'omosessualità; ci sono i soldi, intorno a cui ruotano le truffe, c'è una mancata comunicazione familiare che sfocia in una tragicommedia.
Un microcosmo ben dipinto che ritrae una mentalità veritiera di quegli anni.
Sono mancato all'affetto dei miei cari di Andrea Vitali
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