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                                                                                         Servabo

Italia, seconda metà del '900.

Un racconto breve, sintetico, una riflessione sulla propria vita che, con poche parole ma precise, ci descrive le condizioni che hanno posto lo scrittore di fronte a certe scelte.

Pintor era un ragazzino sardo quando scoppiata la guerra ha dovuto allontanarsi dalla sua terra. La guerra ha cambiato e sconvolto la normalità di tutti i giorni, gli ha strappato un fratello partigiano e lo ha costretto ad interrogarsi e a scegliere la strada della politica.

"Mi era rimasto nell’orecchio che le rivoluzioni riescono quando le preparano quelli che non c’entrano niente, i poeti e i pittori, purché sappiano qual è la loro parte. E poiché gli operai possono fare da soli moltissime cose meglio di chiunque, ma difficilmente un prodotto immateriale com’è un giornale, fui persuaso che questo compito spettava a dei giovani acculturati, purché lo assumessero come un compito speciale: un compito d’onore."

Quel compito Pintor lo ha assunto iniziando a scrivere e creando il Manifesto.

Pur essendo un racconto autobiografico stupisce il fatto che contenga ben pochi dettagli individuali, perché Pintor si fa portavoce di un'epoca, ci mostra perfettamente delle considerazioni nate dalle sue esperienze ma universalmente valide.

Servabo di Luigi Pintor  

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