Un mondo di libri:
divani in viaggio
Pane perduto
«La storia quella vera che nessuno studia che oggi ai più dà soltanto fastidio (che addusse lutti infiniti) d’un sol colpo ti privò dell’infanzia.» Così disse Nelo Risi, regista e scrittore, marito di Edith Bruck, l'autrice di Pane perduto.
Edith nasce in Ungheria, una donna, povera e per di più ebrea; deportata nel 1944, viene condotta in diversi campi di concentramento: Auschwitz, Dachau, Bergen Belsen, fino alla sconfitta dei tedeschi e alla liberazione.
In queste tappe dell'orrore perde la madre, il padre, il fratello e lo zio.
Sopravvive insieme alla sorella Judit. Ma cosa vuol dire sopravvivere? Vuol dire tornare nella propria casa e trovarla devastata e senza più affetti, significa incontrare gente disperata che lotta contro la fame e che non si può preoccupare del tuo passato, viaggiare per paesi lontani, persino nella terra promessa ma senza riuscire a trovare il proprio posto in questo mondo.
Così Edith si rinventa ballerina e cantante e viaggia senza che gli altri sappiano nulla del suo passato ma con l'esigenza di scrivere il suo vissuto, perché non è un grado di dimenticare, perché non può dimenticare, né per sé, né per quelli che non ce l'hanno fatta.
"...gli altri non ci capiscono, pensano che la nostra fame, le nostre sofferenze equivalgano alle loro. Non vogliono ascoltarci; è per questo che io parlerò alla carta.”
E così mentre è in Italia con la sua compagnia di spettacoli, viene pubblicato il suo primo libro ed in questo modo porta a galla la sua identità.
Segue un licenziamento ed il matrimonio con Nelo Risi, un animo delicato, come il suo, che la comprende, con cui convive fino alla morte di questo ultimo.
Edith decide di scrivere in italiano, perché le permette quel distacco lucido che non riuscirebbe ad avere nella sua lingua madre.
Questo libro è un monito per coloro che affermano di non voler più sentire racconti sull'olocausto, perché ne sono saturi. È un monito per quelli che pensano in maniera superficiale che essere sopravvissuti a tanto orrore è una fortuna, perché si sopravvive nel corpo ma i danni nell'animo sono eterni.
Edith ancora oggi, nonostante sia affetta da maculopatia e ultranovantenne, sente la necessità di portare avanti il suo messaggio contro l'odio becero, contro la demagogia che fa leva sulla paura e l'ignoranza. Le cose cambiano aspetto negli anni, ma la sostanza rimane la stessa e gli eventi corrono il rischio di ripetersi sotto altre forme; avere qualcuno che ci mette in guardia dall'orrore di certe azioni ha un valore inestimabile, ora e sempre.
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