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divani in viaggio
Mi chiamo Oleg
Oleg Mandić ha novantun anni, vive in Croazia con la moglie malata ed è uno dei pochi bambini che ha vissuto l'inferno di Auschwitz ed è riuscito a sopravvivere.
La sua storia riemerge prepotentemente dal passato quando riceve una lettera anonima che lo invita a recarsi ad Auschwitz per un incontro.
Oleg capisce che, nonostante la fatica fisica che lo aspetta per il lungo viaggio, è giusto per lui far fronte a quella richiesta e all'evocazione dei ricordi.
Egli era solo un bambino quando è stato condotto ad Auschwitz con la mamma e la nonna come prigioniero politico, poiché il nonno e il padre militavano clandestinamente nella Resistenza.
È un racconto terribile quello della prigionia nelle peggiori condizioni, nel male più oscuro, in quelle baracche dell'infermeria riservate ai bambini sui quali Mengele svolgeva esperimenti e interventi di un orrore inumano.
Ma è anche il racconto dell'amore di una madre che ha speso tutte le sue energie per curare lui e molte altre persone e motivarle alla vita e dell'amicizia con un bambino proprio come lui.
E infine è un racconto al presente, di chi ha passato l'inferno e trova gioia in ogni attimo d'amore, nella bellezza dello starsi accanto.
Una storia vera, una testimonianza preziosa.
"Mi inquieta molto che la storia in fondo sia servita a poco. Le guerre, i genocidi, continuano tutti i giorni. È necessario però che ognuno faccia la sua parte e i sopravvissuti come me non smettano di parlarne: la mia è una missione, una guerra contro l'odio e l'indifferenza."
Mi chiamo Oleg, sono sopravvissuto ad Auschwitz di Filippo Boni con Oleg Mandić
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