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                                                                                                    La prigione

Parigi, anni '60.

Alain Poitaud ha trentadue anni, dirige un settimanale ed è sposato con Jacqueline, la sua "Micetta".

Una sera la polizia bussa alla sua porta, comunicandogli che Micetta ha ucciso la sorella Adrienne.

Quale sia il movente non è dato sapere, Micetta rimane impassibile sia di fronte agli interrogatori della polizia che del procuratore e lo stesso atteggiamento riserva al marito.

Alain aveva avuto una relazione, terminata ormai da tempo ,con la cognata e molte altre relazioni le ha intessute con donne incontrate ovunque, a volte persino confessandole alla moglie.

Così la sua vita, da frenetica che era con gli impegni del giornale e le serate tra amici, diventa improvvisamente vuota. Non solo rimanere lontano dalla folla che potrebbe additarlo come possibile movente di un delitto scava una trincea intorno al personaggio, ma lo mette finalmente di fronte ad uno specchio. E ciò che vede è una verità che fa male.

"Era sceso nel profondo di se stesso. Aveva grattato la superficie, messo a nudo la carne viva fino a sanguinare. Adesso era finita. Non sanguinava più."

Secondo il suo stile asciutto ma con parole che occupano un posto preciso, Simenon traccia un disegno perfetto degli ambienti e dei personaggi, dandoci la chiave per entrare nelle prigioni della città e in quelle dell'animo umano.

La prigione di Georges Simenon  

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