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Intervista a Giuseppe Lapadula, autore della Piaga
Siamo in compagnia di Giuseppe Lapadula, scrittore esordiente con il primo romanzo "La piaga".
Vuoi presentarti e magari raccontarci in breve il romanzo?
Grazie per avermi ospitato! Sono nato nel 1983 in un paese della provincia di Bari, ma sono cresciuto a Milano fino alla mia laurea in chimica poi, mi sono trasferito a Zurigo per un dottorato in organometallica. Ora lavoro come chimico dello stato solido a Basilea dove vivo insieme a mia moglie, i miei figli e i miei gatti.
Per quanto riguarda la narrativa ho collaborato e collaboro ancora come freelance con la casa editrice Horrible Guild per cui ho scritto ambientazione e storia per vari giochi da tavolo, di ruolo e videogiochi. Per quanto mi piaccia collaborare e scrivere per altri, ho diversi progetti personali che tengo a portare avanti come un ciclo di romanzi sci-fi (tra cui questo romanzo) e più a lungo termine romanzi horror-fantasy (a cui sto pensando dalla mia adolescenza e che spero vedranno la luce prima o poi).
Il romanzo si svolge nel 2600. L’umanità ha imparato a viaggiare tra le stelle. Seppure il vuoto interstellare possa essere attraversato all’istante grazie alla tecnologia di contrazione spaziale, questa avviene molto lontano dal punto di partenza, e questo punto deve essere raggiunto con mezzi tradizionali. Tra un pianeta e l’altro passano mesi di viaggio, in modo simile alla colonizzazione europea del continente americano nel 1600. In questo contesto – così come l’Europa del XVI-XVII secolo non ha occupato il nuovo mondo in modo unitario, ma come Spagna, Francia, ecc… - l’umanità sta colonizzando lo spazio divisa in diverse nazioni in feroce competizione. Gli spazi immensi e la lentezza dei trasporti ha prodotto un estremo decentramento e favorito il ritorno di una società assolutistica o feudale e della nobiltà. Nonostante l’espansione, per il momento non si sono scoperte altre forme di vita aliena intelligente. In questo contesto la flotta delle Nuove Fiandre sta fondando un avamposto minerario su un complesso di asteroidi investendo una quantità colossale di risorse. Le strutture estrattive sono ultimate, manca poco per tornare a casa. Da una contrazione spaziale appare una flotta pirata, circonda i vascelli di scorta alla spedizione e gli offre la resa, un’opzione poco digeribile per chi è al comando che ingaggia battaglia. Il risultato di quella decisione trascinerà i protagonisti in un mistero dimenticato da secoli, la cui soluzione potrebbe cambiare le sorti del genere umano.
Molti scrittori hanno affermato di essere prima di tutto grandi lettori. Qual è il tuo rapporto con la lettura? Pensi che qualche scrittore abbia influenzato il tuo modo di scrivere?
Senza dubbio è così anche per me. Prima di essere uno scrittore sono un lettore e scrivo, o almeno provo a scrivere, quello che mi piacerebbe trovare in un romanzo. Devo ammettere che sono una di quelle persone che ha scoperto la lettura da adulto e sono piuttosto lento nel leggere, ma è una delle attività che mi appaga di più. Ho riscoperto i classici quando non ero più costretto a leggerli. In particolare, Tolstoj, Dostoevskij o i francesi come Dumas e Hugo, anche se le mie influenze principali sono molto più pop, di genere e contemporanee. Le mie opere preferite sono la fantascienza e l’horror di George RR Martin, molto sottovalutate e poco conosciute rispetto alle più famose Cronache del Ghiaccio e del Fuoco dello stesso autore, che pure è una saga strepitosa (almeno nei primi tre volumi). Mi piace molto lo stile scanzonato e umoristico di John Scalzi e considero un capolavoro il ciclo di Hyperion di Dan Simmons. Per tutto quello che “non è umano” mi ispiro a Stanislav Lem e H.P. Lovecraft. Di recente uscita sto leggendo The Expanse di Corey, che mi convince moltissimo come ambientazione e ritmo. Oltre a questo, mi piacciono anche altri generi senza distinzioni. Ho adorato i noir di Lansdale o il romanzo storico di Umberto Eco, ma di sicuro sto dimenticando moltissimi autori da cui ho assorbito parecchio senza nemmeno accorgermene.
Quando si costruisce una realtà fantasiosa la coerenza è fondamentale ma anche complessa. Prima di dedicarti alla scrittura del romanzo hai steso una mappa concettuale dell'Universo che hai creato o piuttosto è stato un processo che si è sviluppato di pari passo con la scrittura?
Prima della primissima stesura ho pensato al mondo narrativo dove volevo che accadessero gli eventi, poi ci sono tornato in modo iterativo ogni volta che mi sembrava che alcuni pezzi fossero poco sviluppati o traballanti nel corso della scrittura del romanzo (e delle sue molteplici stesure). Mi sono detto che il “Giuseppe del futuro” mi avrebbe ringraziato per aver pensato a quegli aspetti e che non si sapeva mai quando sarebbero tornati utili. La prima versione del file di ambientazione era di una ventina di pagine adesso siamo oltre le 100 e in aumento costante. Anche se non ne parlavo direttamente era importante che ci fossero dei fili invisibili che tenessero in piedi la scena dietro le quinte e che il mondo sembrasse vivo e stratificato, insomma il più immersivo possibile. Abbiamo già parlato del fatto che sono un lettore prima di un autore e una delle cose che cerco è un mondo narrativo vibrante capace di tenersi in piedi da solo; invece, quello che mi disturba nella lettura di una storia avvincente è trovare un errore di coerenza interna. Proprio non riesco a pensare ad altro e mi rovino la lettura del romanzo fino all’ultima pagina (problema mio, eh); quindi, cerco di fare del mio meglio per non infliggere ai lettori quello che dà fastidio a me per primo. Detto questo, la scrittura del mondo narrativo non si è fermata con la fine del romanzo. Mi sono accorto di alcuni aspetti che meritavano un approfondimento che invece avevo solo accennato e che saranno trattati meglio in romanzi successivi, ma di nuovo senza mancare di fedeltà e coerenza a quello che è già stato pubblicato.
Il genere della fantascienza è un' evasione dalla realtà, mi raccontavi come già da bambino creavi mondi fantastici come forma di gioco. Eppure nella fantasia ci portiamo dietro certi schemi logici e certe osservazioni del quotidiano, a volte anche nelle sue parti più grette. Ritieni che la linfa vitale della tua creatività si nutra più di fantasia o di realtà?
Molto più di realtà. La storia, ad esempio, è un catalogo sconfinato in cui possiamo trovare ogni tipo di azione, dalla più nobile a quella più abietta incluso tutto quello che c’è in mezzo. Non sono di quelli che sostiene che la storia si ripeta, ma l’essere umano esposto a un determinato ambiente, con un certo bagaglio di esperienze tende a riprodurre certi comportamenti a livello statistico con modalità diverse. Poi una fortissima componente è rappresentata dal caso. Uso la storia per vedere se le mie creazioni funzionano. Se qualcosa è già successo in condizioni simili, lo ritengo verosimile. Scusa il gioco di parole ma uso la realtà per compiere un “reality check”.
Oltre alla realtà intesa come attualità, essendo un chimico di formazione, mi piace rendere credibile qualcosa di fittizio usando la scienza. Alcuni fenomeni sono così incredibili e affascinanti che basta descriverli usando un registro che tutti possono capire, che non c’è bisogno di inventare nulla per creare un senso di meraviglia. Ritengo che sia un peccato che solo chi ha una formazione scientifica li conosca. Poi voglio precisare che non sono né voglio essere un divulgatore, e si tratta sempre di narrativa (ma alcune cose sono così affascinanti che è proprio un peccato perdersele, perché a differenza di quello che si crede, non sono così complicate se c’è qualcuno che te le spiega).
Tirando le somme la fantasia la uso solamente quando voglio creare le regole del mondo al fine di sigillare il patto narrativo con i lettori che accettano una sospensione dell'incredulità, ma una volta stabilite, è tutto un esercizio di logica.
Nel tuo libro parli di un Universo che vede un profondo regresso nonostante i progressi scientifici e tecnologici. Da cosa nasce questo peggioramento?
Si ricollega alle regole fisiche del mio mondo che causano una serie di effetti a cascata. Esiste la contrazione spaziale, una tecnologia che è un progresso enorme, e permette alla nostra specie di uscire dal sistema solare e conquistare le stelle. L’umanità inizia ad espandersi, ma gli spostamenti sono lentissimi rispetto allo spazio colonizzato, sempre più esteso. Le comunicazioni sono difficoltose e la prima conseguenza è un estremo decentramento. Inoltre, la frenetica corsa allo spazio spinge le nazioni colonizzatrici a sacrificare tutto quello che “non è utile” a quello scopo, compresa istruzione e ricerca di base.
Se il governo non può garantire lo stato di diritto in un territorio di frontiera per qualsiasi motivo, è sufficiente che chiunque possa permetterselo, porti con sé sufficienti uomini armati e con il terrore si impossessi di insediamenti di coloni diventando il signore di quei luoghi. Pochi protesteranno. Tornare in patria a denunciare un sopruso impiega anni e un costo oltre le possibilità della maggior parte dei contadini. Senza un’istruzione e un’adeguata conoscenza della storia, nel giro di un paio di generazioni nessuno se lo ricorderà più e “sarà sempre stato così” e questi arrivisti senza scrupoli diventeranno i primi nobili.
Dopo un po’ infatti le colonie sono cresciute e hanno creato una milizia che risponde solo alle famiglie nobiliari e non più allo stato, così i governi per evitare guerre civili (nel terrore costante di essere fagocitate dai concorrenti) hanno accettato il fatto compiuto e incorporato le milizie nell’esercito. Non manca molto a questo punto che i potenti che ancora vivono sulla Terra decidano di fare la stessa cosa passandosi il potere politico tra le generazioni oltre a quello economico.
L’ironica conseguenza è che tutto questo provocherà danni a lungo termine anche alle élite. Il talento a disposizione diminuirà molto con un risultante forte rallentamento della ricerca scientifica. Non solo un genio nato nella classe sociale sbagliata, e con il genere che ha meno accesso all’istruzione, non svilupperà mai il suo pieno potenziale, ma anche tutti i buoni nella media non contribuiranno al progresso incrementale, necessario per trovare ad esempio una cura per una malattia che non guarda al ceto o una tecnologia che renderebbe più comoda la vita di tutti.
I tuoi personaggi sono descritti a tutto tondo e sono molto diversi tra loro, hai avuto difficoltà nel crearli? Quale personaggio ti diverte di più e quale senti più affine?
Per necessità narrative sono stati facili da creare come archetipi, al fine di essere il più esauriente possibile sul mondo narrativo, ma molto difficili da rendere umani e tridimensionali. Infatti, malgrado abbia sempre creato ambientazioni e trame, i personaggi li ho sempre trattati come mezzi per portare avanti la storia. Per fortuna ho lavorato con una editor professionista durante la stesura che mi ha reso consapevole del problema. Ho dovuto faticare un sacco, studiare e imparare tecniche di scrittura per rendere al meglio quello che davo per scontato e ho cercato così di rendere interessante anche quell’aspetto su cui puntavo molto. Vale a dire l’essere umano, pur essendo esposto a valori, tecnologia e ambiente diverso nelle epoche, continua a conservare le stesse pulsioni ancestrali. Aggressività, invidia, paura, ma anche curiosità, coraggio e amore. E continua a doversi assumere responsabilità e compiere delle scelte che hanno delle conseguenze, dall’intimo all’universale.
Per quanto riguarda il personaggio a cui mi sento più affine, ho sempre avuto un debole come fruitore di narrativa per i comprimari rispetto ai protagonisti. Le loro azioni, infatti, non sono mai scontate e da un momento all’altro potresti non rivederli mai più; perciò, per me è facile volerli bene. In questo caso direi quindi che mi sento più affine a Ludwig, l’eterno secondo emozionalmente represso di cui ci si dimentica e che rimane spesso sullo sfondo. Mi ha divertito invece scrivere di Olaf, il soldato e uomo di azione o di Enrik, carismatico ma a tratti infantile capo politico della missione.
Ad un certo punto del romanzo i personaggi vengono a contatto con specie aliene, un fatto che li sconvolge profondamente e li accomuna. Qual è il motivo di questo sconvolgimento?
Bisogna cercare di immaginare delle persone che, seppure condividano i nostri tratti umani istintivi, hanno un sistema di valori completamente diverso dal nostro. La nostra società odierna sarebbe probabilmente sconvolta da una notizia di questo tipo, ma non metterebbe in crisi le nostre credenze più profonde. Invece nella società che descrivo, la stragrande maggioranza della popolazione crede nel Cristianesimo Universale. Questa è una religione ecumenica che mette al centro di essa l’essere umano come unica creatura dotata di quella ragione che la rende simile al Dio che l’ha creata. Una rivelazione di esseri coscienti di loro stessi e in grado di costruire una civiltà ne minerebbe le stesse fondamenta. Vorrebbe dire che l’uomo non è al centro dell’universo come figlio privilegiato da un’entità creatrice, ma solo una delle tante creature che popolano il cosmo. Sarebbe della stessa portata della rivoluzione copernicana ed eliocentrica in un mondo che credeva che la Terra fosse al centro dell’universo. Naturalmente al contadino analfabeta di allora, come al popolano che vive in una colonia rurale dell’ambientazione che ho creato, questo non cambiava né cambierebbe molto nella vita di tutti i giorni. Se tuttavia intellettuali e teologi, che sono quelli che si sono dati il compito di insegnargli come si deve comportare e qual è il suo posto nel mondo, iniziano a mandare messaggi contrastanti e contraddittori, il popolo sarebbe come minimo confuso. Le cose inoltre potrebbero sfuggire di mano e se nelle alte sfere non dovessero riuscire a mettersi d'accordo, potrebbe addirittura verificarsi uno scisma. Come sappiamo purtroppo bene per le incalcolabili atrocità che abbiamo visto in passato e ancora vediamo tutti i giorni, diventerebbe un problema fin troppo concreto, provocando guerre e devastazioni. Oltre a un ennesimo motivo per uccidersi tra simili.
Le numerose descrizioni delle battaglie spaziali utilizzano un lessico preciso, con reminiscenze piratesche, e una dovizia di particolari tecnici, tanto da farci credere che tu sia un ingegnere costruttore di queste navi. Da dove hai tratto le informazioni necessarie?
Viene quasi tutto dalla narrativa e dalle mie limitate conoscenze di fisica! Per le battaglie mi sono ispirato a Master and Commander di O'Brian (da cui è stato tratto anche un ottimo film) e le atmosfere navali le ho prese da The Terror di Dan Simmons (tornando al discorso sulle mie influenze, ripensandoci ho assorbito forse altrettanto dalla sua narrativa horror-storica che da quella fantascientifica). Poi ho seguito il mio gusto personale. In un combattimento preferisco gli aspetti tattici rispetto all’abilità e la velocità, quindi, ho fatto in modo che le battaglie fossero lente, dove a una decisione seguiva un’azione e poi una conseguenza che durasse diversi minuti. Il tutto perché a me piace capire bene come vanno le cose quando leggo un libro e come scrittore ci tengo a spiegare bene al mio pubblico senza (spero) essere noioso. Quindi ho immaginato come fosse possibile ottenere questo effetto e ho cercato di mantenere una coerenza interna. Per pura e fortunata coincidenza il risultato aveva molte cose in comune con uno scontro navale del XVII-XVIII secolo.
Il rapporto con i tuoi lettori è molto attivo, ce ne vuoi parlare?
Non so quanto sia comune, ma confesso che all’inizio ero contrariato di dover proporre i miei contenuti al pubblico tramite social come aspirante scrittore (pensavo fosse solo una perdita di tempo che mi toglieva tempo per scrivere), oltre al fatto che ne ero imbarazzatissimo. In fondo la nostra immaginazione è la parte più profonda e personale di noi stessi e mi sarebbe dispiaciuto molto ricevere critiche e insulti a riguardo, come troppo spesso leggiamo in giro. Mi sbagliavo di grosso. Questo non è avvenuto affatto, anzi, ho trovato gente che mi ha incoraggiato, spinto e sostenuto con un entusiasmo e un garbo per cui non sarò mai abbastanza riconoscente. E sono persone che non conosco nemmeno di persona!
A parte il calore umano ricevuto, condividere la mia produzione mi ha spinto ad essere un autore migliore tramite un dialogo costante con chiunque mi leggesse. Ho dovuto pensare a come spiegare cose che davo per scontate e che potevano essere fraintese - per me è molto importante essere capito -, poi ho dovuto pensare ad aspetti del mondo narrativo che non avevo considerato (che mi sono stati e saranno utilissimi nei romanzi), correggere errori e addirittura ad espandere delle parti esistenti e a svilupparne di nuove, e questo mi ha fatto venire idee diverse e innovative. E parlare con loro mi dà molta soddisfazione, soprattutto quando vogliono sapere qualcosa di più.
Hai un altro romanzo nel cassetto?
Sto scrivendo al momento il secondo romanzo ambientato in questo universo narrativo. Si tratta di una trilogia i cui atti si svolgono su linee temporali differenti e molto lunghe collegate tra di loro, ma data la sua complessità non ci sono flashback come in questo. Viene mostrata una parte molto più vasta e diversa del mondo. Ci sono riferimenti alla “Piaga”, oltre ad essere ambientato nello stesso universo, ma non sarà fondamentale averlo letto per capire la trama. Spero di poterlo proporre al pubblico tra un anno (dopo editing e varie stesure). Dopo di quello ci saranno altri romanzi più brevi stand alone (credo due o tre al massimo) di cui ho già una bozza di trama, più circoscritti in tempo e spazio, prima di un grosso salto temporale in un futuro più lontano.
La piaga di Giuseppe Lapadula
(Disponibile a puntate sul sito Giuseppe Lapadula autore dal 14 di dicembre, in forma digitale o cartacea da aprile 2023 su Amazon.)
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