Un mondo di libri:

Spesso usiamo l'espressione "una tragedia greca";  la usiamo in senso negativo, come una catastrofe irrimediabile.

Vorrei riabilitare la povera bistrattata tragedia greca.

Innanzitutto la tragedia era inserita in uno spettacolo teatrale, composto da vere e proprie gare che si tenevano per il lustro della città.

Era un vero rito collettivo, che si teneva in uno spazio consacrato e in cui si metteva in gioco non solo il repertorio noto all'immaginazione del pubblico, ma anche la religione e la politica.

Le Dionisie, le feste dedicate al dio omonimo, duravano 4 giorni. Nei primi tre giorni, tre drammaturgi portavano una tetralogia. Ciascuna era composta da tre tragedie e da un dramma satiresco e si svolgeva nell'arco di una giornata. Alla fine del terzo giorno veniva decretato il vincitore.

L'intero quarto giorno era invece dedicato alla rappresentazione di 5 commedie.

Aristotele è  uno dei primi studiosi della tragedia e ne evidenzia due principi fondamentali: la mimesi, cioè la capacità dello spettatore di immedesimarsi nei personaggi con orrore e la catarsi, la purificazione finale dai propri sentimenti.

Noi sappiamo che il carattere fondamentale della tragedia è quello dell'opposizione del personaggio al destino a lui assegnato attraverso la sofferenza e la lotta e all'inevitabile piegarsi finale verso il proprio destino.

Nonostante la tragedia poggi la sua trama su un repertorio mitico tradizionale, riscontriamo dinamiche interne ai personaggi che sono profondamente attuali, conflitti che sono riscontrabili anche nella nostra epoca.

Basti pensare ad Antigone, l'emblema dell'umanità e dell'amore che si scontra con la ferocia delle leggi inviolabili di Creonte.

Oppure a Medea, che si spinge fino alle atrocità più grandi a causa del suo amore ferito.

Molti romanzi di secoli successivi riprendono i medesimi conflitti.

Insomma, magari non rideremo leggendo, ma il mio consiglio è quello di dare un'occhiata, ne rimarremo stupiti.